La Commissione per gli Interpelli risponde ad un quesito formulato dalla Regione Lazio in merito all'obbligo di sorveglianza sanitaria nei confronti di medici di continuità assistenziale.
La richiesta è stata originata dalla mancata partecipazione di alcuni medici alla visita medica di sorveglianza sanitaria, rifiuto che è tato giustificato da questi ultimi inquanto la norma che disciplina tale attività non è "applicabile alla fattispecie contrattuale ad essi inerente, asserendo la sola facoltà (e non l’obbligo) da parte degli stessi di beneficiare della sorveglianza sanitaria”.
La risposta al queisto deve necessariamente tener conto della distinzione tra l’obbligo di sottoporsi alla sorveglianza sanitaria, disciplinato dall’art. 20 comma 2, lett. i del d.lgs. n. 81/2008 riservato al lavoratore e la facoltà di beneficiarne disciplinato dall'art. 21, comma 2, lett. a del medesimo decreto riservato al lavoratore autonomo, e quindi della definizione di tali due figure ai sensi dello stesso Testo Unico salla salute e sicurezza sul lavoro.
In seguito ad un attenta lettura degli articoli citati e considerando come la giurisprudenza ormai consolidata in materia abbia più volte evidenziato come "'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato, rispetto al rapporto di lavoro autonomo, si ritrova nell'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell'organizzazione aziendale, non rilevando, quindi, in sé la tipologia contrattuale, ma le effettive modalità di esecuzione della prestazione lavorativa", i medici di continuità assistenziale devoono obbligatoriamente sottoporsi a sorveglianza sanitaria solo qualora svolgano la propria attività lavorativa “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro” rientrando nella definizione di lavoratore.